4321 – 7.5

Il mondo era in fermento. Ogni cosa era in divenire. Alle ultime elezioni non aveva vinto nessuno, ma aveva perso la sinistra. Divisa, litigiosa, stereotipata, ricca, era stata stordita dal suo stesso centro non riuscendo a sentire il vento che arrivava da quei quartieri con i quali non poteva più comunicare. Si trattava di un vento freddo, di quelli che ti riportano a terra in pochi secondi.
Alla fine il governo era andato a una coalizione sporca, tenuta assieme dalla forza di non avere vinto, ma nemmeno perso. Ancora non avevano cominciato a governare e subito avevano iniziato la campagna elettorale.
Ferguson leggeva le dichiarazioni dei leader dei due partiti, ora entrambi ministri di qualcosa e non capiva se si stessero preparando alle prossime elezioni, se nemmeno loro credessero al loro governo e quindi – preventivamente – si preparassero già a quello che sarebbe successo dopo.
Oppure, altra ipotesi di Ferguson, erano davvero pericolosi.

Ferguson ne parlò una sera con Dan, erano al Ted’s bar che bevevano una birra gelata (non darmela ghiacciata, Ted, la voglio proprio *gelata*) mentre fuori il sole lentamente cedeva verso l’orizzonte genovese.
Non so, disse Dan. A vederla da fuori sembra che la principale attività del governo sia soffiare sul fuoco.
Sul fuoco?
Sai come lo chiamo il ministro, quello nuovo?
No.
Il ministro della disperazione.
Ah.
Lo vedi sempre in t-shirt che si fa selfie e manda messaggi di disperazione, ride, trolla su internet e continua a scrivere che i nostri nemici sono i negri.
I negri.
Loro. CI tolgono il lavoro, ma nello stesso tempo non vogliono lavorare. Danneggiano i bravi italiani.
Capisco.
Il fatto è che i bravi italiani sono mostruosi.
Mostruosi.
I bravi italiani sono gente che sta continuando a emigrare, giorno dopo giorno, una emigrazione cieca e disperata: ogni sera perdono tutto e emigrano nel mattino dopo. Non voglio sapere come passino la notte. Seguono la voce del ministro della disperazione e odiano gli immigrati che arrivano qua, i negri, e la sera poi continuano la loro emigrazione personale. Pensa la disperazione di viaggiare per tutta la vita e scoprire che tutto il mondo è identico al tuo tinello, al tuo cesso.

Ferguson non era convinto. Una parte di lui si chiedeva se non ci fosse anche lo zampino della stampa sinistra che – come al solito – non ne azzeccava una, in questo caso amplificava ogni singola cosa il ministro della disperazione dicesse. Per fare emergere il pericolo di quell’uomo ne stavano facendo una grancassa che spaventava solo chi era già spaventato e rendeva più solidi i disperati.
Lo disse a Dan quella sera da Ted.
Dan alzò le spalle.
Che dire, Fergi. Viviamo in tempi bellissimi. I miei figli me ne renderanno conto.

Ferguson si chiese se quelle notizie che arrivavano giorno dopo giorno fossero un segno di un reale cambiamento, un emersione di qualcosa che c’era sempre stato. Oppure niente.
Amy aveva meno dubbi. A furia di urlare al lupo al lupo quello aveva sentito ed era arrivato. Cosa pensava Ferguson, che il razzismo e il fascismo sarebbero entrati in scena con bandiere e metadati per riconoscerli?
Razzismo e fascismo è brutta roba, tranne un piccolo circolo di iniziati, tutti gli altri li indossano sotto, come biancheria intima.

Uova in faccia a una negra, un inseguimento mortale per strada ad un ladro, negro anche lui, alcuni incidenti con fucili che avevano avuto vittime negre, un tipo in odore di mafia che aveva centrato un negro che prendeva delle lamiere da una azienda sotto sequestro.

Per ognuna era possibile fare un esercizio minimo di retorica e convenire che no, non era razzismo.
Non sono razzista, ma le vittime sono negre. Non sono razzista, a meno che non mi costringi a spogliarmi e mostrarti la biancheria intima, che è nera.
Il razzismo arriva da persone che non sono razziste, fino ad un certo limite. Fanno quello che devono fare al di sotto di quella linea, di quel limite. Solo quando un numero consistente di persone supera con loro quel limite, allora lo riconosci. Viene autorizzato. Allora, improvvisamente, la storia le vede per quello che sono.
Amy diceva queste cose mentre a Genova, contea di New York, c’erano 33 gradi all’ombra. Stava seminuda in un angolo del letto proteggendosi con un grosso libro giallo scritto da un francese.
A Ferguson però rimaneva il dubbio, tipico della generazione di internet: e se fossero stati i giornalisti a selezionare in questo periodo le notizie di cronaca che avevano i negri come vittime? Stava davvero cambiando qualcosa o anche lui era vittima di una scelta di emersione di questa notizia rispetto ad un altra? Questa violenza non c’era sempre stata, anche negli anni precedenti, solo che ora qualcuno aveva chiesto di metterla in prima pagina ogni volta accadesse?
Restava in un angolo del suo cervello l’idea che qualcuno volesse manipolare anche lui, accentuare gli estremismi, radicalizzare la lotta.

[continua]

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