Io, niccolò, Berio, Tobbia

Oggi sono andato con il coccolotto al porto antico di Genova, non tanto per improbabili motivi turistici, ma perché mi piace andare al porto antico di Genova mi sembra di essere in vacanza, anche se – essendo io di Genova – non è una vera vacanza, è un po’ una specie di omeopatia della vacanza.

Mio figlio cresce a vista d’occhio, la faccia si modifica di settimana in settimana, tanto che tu ogni tanto non sei del tutto sicuro che stai volendo bene sempre alla stessa persona, vai sulla fiducia. Adesso niccolò parla, è capace di elaborare sintassi di una certa complessità, e gestisce anche le persone di alcuni verbi: tipo ‘io vado tu vai’ che sembra una cazzata ma la prima volta che l’ho sentito sono sbiancato: tobbia, tanto per dire, non c’è mai riuscito. Tobbia scodinzola, ok questo nemmeno io so farlo, ma non parla.

Mio figlio invece parla, decide, mi fa capire i suoi desideri, ma ho ancora un certo potere decisionale, tipo sul dove portarlo durante la giornata e mentre Elettra dall’ufficio mi tuona sms in cui mi ordina di portarlo in piscina o al mare che gli fa bene, io lo porto alla FNAC, a Mondadori o all’isola delle chiatte, che gli fa male.

L’isola delle chiatte è uno dei posti più belli di Genova, soprattutto d’inverno e di sera tardi, in pratica sono quattro chiatte legate assieme con delle panchine sopra e tu ci sali e senti tutti gli stridolii delle chiatte che si muovono, sembra l’inizio di un concerto di Berio e infatti gli hanno dedicato l’isola delle chiatte, giuro, ogni volta che leggo la dedica penso che lo abbiano fatto per prenderlo per il culo, ma tanto è morto. Niente di personale ho quattro cd di Berio, originali, pur essendo uno di quegli autori che ne potresti prendere uno, capisci più o meno l’andazzo, fai la tua bella figura con gli amici, e risparmi, ad esempio prenderne uno di Berio, uno di Nono, uno di Berg, uno di Reich, uno di Stockhausen, con solo cinque cd ti puoi permettere di parlar di musica colta contemporanea e anche con un certa competenza.

Con alcuni io ho esagerato, tipo di Nono ne ho due, che sono troppi, di cui il secondo è poi qualcosa che si intitola ‘Intolleranza 1960′ che mi sembrava un titolo affascinante, poi ho scoperto che era tutto cantato in lingua tedesca e che l’ascolto aveva la capacità di dilatare i tempi, nel senso che dura un’oretta e io non sono mai riuscito ad ascoltarlo tutto perché veniva notte, poi mattina, poi giorno e poi ancora notte e il cd era ancora lì a lamentarsi in tedesco e quei dannati sessanta minuti non erano ancora passati. L’inferno.

Berio, dicevo, ne ho comperati di più perché uno è bellissimo e si intitola Laborinthus II e c’è anche Sanguineti nel massimo della maturità che recita i suoi versi dentro l’opera, quello da solo vale tutto Berio, la parte di Berio che può arrivare a uno che ha la discografia completa di Prince, intendo.

Comunque, dicevo, sono andato con coccolotto all’isola delle chiatte e ho detto al mio figlio treenne, sai niccolò a tua papà piace molto l’isola delle chiatte e lui mi ha chiesto perché?, e io gli ho detto, niente, niccolò, è una cosa che mi piace tanto, e lui si è girato verso di me e mi ha sorriso, come se fosse felice che anche a suo padre ci fossero delle cose che gli piacciono tanto.

Boh, forse per poter fare davvero bene l’hobby del padre i giorni dovrebbero ripetersi, ogni volta ripeti il giorno appena trascorso e solo alla seconda volta si passa a quello successivo. Level 2. Ti godresti meglio le cose, forse, o forse no, sto scrivendo a un tavolinetto di plastica non posso essere sicuro di niente, ci sono molte cose che odio al mondo, e tra queste i tavolinetti di plastica occupano una buona posizione.

Ballano mentre scrivo e mi innervosisco, inizio a perdere la concentrazione, non mi ricordo più se stavo scrivendo la fabula o direttamente l’intreccio per fare prima. Un po’ come fare i calcoli a memoria, salti i passaggi e poi trovi che la soluzione del problema di matematica non mi ricordo cosa stavo scrivendo. Era una specie di parallelo ma me lo sono dimenticato. Perché lo odio questo tavolinetto di plastica.

Anche le zanzare non se la passano male, in buona compagnia di vari insettini seminvisibili più piccoli delle zanzare che hanno preso a voler rantolare attorno alla mia lampada creandomi seri problemi di respirazione. Altra cosa che odio al mondo è il fatto di essere particolarmente intelligente e di uscire la sera a portare a far pisciare uno degli esseri meno intelligenti che conosca (vicini esclusi), parlo del mio cane Tobbia, il quale con la sua scondinzolata scoordinata si muove di zona pisciabile in zona pisciabile, ambulando lungo la stradina che dai parcheggi porta a casa nostra.

E mentre zompetta, ecco guardatelo, ecco che inizia a zompettare in cerchi irregolari sempre più rutilanti, finché non si ferma zampe davanti indietro e zampe indietro buttate in avanti: si piega e inizia a cacare. La cacca dei cani è calda e spesso molle al tatto. L’odio nasce dal fatto che mentre il cane fa il suo bisogno serale il venerandi che è troppo intelligente per lasciare lì la merda, tira fuori il suo sacchettino verde di clean dog, ci infila la mano dentro come a un burattino, e resta in attesa che il cane finisca la sua cacata. A questo punto il cane si gira, annusa la sua opera e si allontana un poco giusto per vedere il venerandi che si piega e con la mano protetta dal sacchetto verde di clean dog, raccoglie la sua cacca, la annoda e la porta con sé, come tesoro prezioso.

E mentre alzo la testa incrocio il muso di Tobbia e leggo nel suo sguardo slinguante felicità, cazzo devo essere davvero un cane importante se il mio servo tutte le sere è costretto a raccogliere la mia merda: e ansima contento.

Così cammino, e mi rendo conto che sera dopo sera faccio confronti olfattivi, tipo stasera Tobbia ci ha dato dentro, oppure chissa che cazzo gli hanno dato i vicini da mangiare topi morti, o anche più semplicemente *riconosco* l’odore della cacca di Tobbia e la sento amica. Di inverno poi, quel breve tocco caldo prima di chiudere il sacchetto, è capace di veloci brividi al cuore.

Ieri comunque Tobbia stavo per ucciderlo.

In pratica ero uscito per fare footing alla sera verso le dieci e mezza e mi sono detto mi porto dietro Tobbia così mentre io corro lui piscia e vado a dormire prima, Elettra e niccolò erano già a letto, e allora mi metto la tutina decathlon e inizio a correre con Tobbia che mi segue molto molto stancamente, Tobbia curiosamente non ama gli sport legati all’atletica leggera, e io prendo la strada dell’acquedotto e qui inizia il primo problema ovvero che mi viene subito in mente che avevo finito di mangiare alle nove e non alle sette come di solito e che erano le dieci e mezza e non le undici e mezza e questa cosa non mi viene in mente così per mio sforzo intellettuale, ma perché iniziano a venirmi su le castagne che avevo fatto sulla piastra, sento proprio che dallo stomaco risalgono verso la gola e poi, come morti viventi, fanno il loro acido ingresso nella parte della gola che fatalmente diventa bocca, e io inizio ad annaspare e la mia corsa, da vivace slancio di un trentacinquenne nel massimo del suo sviluppo fisico-morale (anche se Elettra mi ha spiegato che verso i cinquanta avrò uno scarico di melina e di ormoni di cui dovrò far tesoro perché poi c’è la decadenza senile, le pappette e i cateteri. Grazie amore), dicevo, la mia corsa diventa il rantolare di uno che sta per avere una congestione sopra un acquedotto deserto, dove non c’è neanche un cane ed è questo il secondo problema, che a metà corsa mi giro e vedo che Tobbia è sparito, fino a un momento prima era dietro di me e poi di colpo non c’è più, e io ansimando dico ma dove cazzo è andato e penso che si sia fermato per riposare ,ogni tanto  lo fa e quindi torno indietro fin dove l’acquedotto incontra la strada e non lo trovo e mentre non lo trovo si alza un freddo gelido e io sono sudato marcio inizio ad avere male alla pancia, allora penso che tobbia avrà preso una delle stradine che incrociano l’acquedotto e mentre io ero tornato indietro a cercarlo lui sarà andato avanti e quindi riprendo l’acquedotto e torno dove l’avevo visto l’ultima volta e inizio a dire Tobbia Tobbia e mi rendo conto che adesso ho i brividi dal freddo e non riesco più a correre perché ho una specie di crampo allo stomaco se inizio a correre e dico Tobbia Tobbia e alla fine ho il flash che Tobbia magari è stato così stronzo da tornare indietro fino a dove l’acquedotto incontra la strada e poi che abbia preso la strada e abbia avuto il suo momento epico di coraggio tipo Lassie e sia tornato a casa, Tobbia torna a casa sfidando auto ed elementi vari della natura tra cui il vento, Tobbia è tornato a casa lasciandomi solo come un cretino a cercarlo per le stradine dell’acquedotto e a questo punto ho il secondo flash, cioé mi vedo Tobbia che torna fino a casa nostra e si rende conto che è chiuso fuori di casa e inizia ad abbaiare per entrare e Elettra si alza dal letto, e vede Tobbia solo senza il suo padrone e pensa nell’ordine:

  1. al venerandi mio compagno gli è venuto un infarto mentre faceva footing;
  2. il venerandi mio compagno è finito nel gruppo di fascisti che scrivono gli inni al duce sulle panchine dell’acquedotto col pennarello nero e quelli gli hanno sfasciato la testa e gli hanno dato fuoco e adesso io resto sola con due figli a carico non siamo sposati legalmente non eredito manco la sua parte di mutuo;
  3. venerandi si è buttato giù dal ponte dell’acquedotto così, per crearmi casini;
  4. non pervenuta

E così io – che sono dall’altra parte del’acquedotto – inizio a correre con lo stomaco e il cuore in gola, nella speranza di arrivare prima che Elettra disperata chiami vicini, polizia, ambulanze, alla ricerca del suo compagno sicuramente morente se non morto stecchito, e più corro più mi rendo conto che non riesco a correre sto fisicamente male, smetto di correre e inizio a camminare veloce e più cammino, ogni passo che faccio stremato dallo stress e dal male all’addome è come se dentro al mio corpo si caricasse una molla e quella molla è la carica del calcio che darò a Tobbia quando lo incontrerò quel bastardo, ogni passo si carica la molla, mi immagino anche dietro ogni curva di incontrare tobbia che annusa qualcosa e allora mi immagino di urlare Tobbia! con voce grossa, Tobbia! e vederlo atterrire e iniziare a prenderlo a calci, fare scattare la molla che mi sta mordendo lo stomaco, sono sempre più vicino a casa mia e più mi avvicino più la molla si carica, e poi quando finalmente arrivo vedo che le finestre non sono illuminate, che non ci sono sirene o gente in divisa che mi cerca con le torce accese, e allora mi dico che Tobbia non c’è, che si è perso davvero nelle stradine dell’acquedotto, penso anche che abbia incontrato un maniaco che uccide i cani che girano da soli come in Infinite Jest e che adesso Tobbia giace a terra sgozzato da un pazzo maniaco e poi salgo le scalette che portano alla porta di casa mia e fuori c’è Tobbia, zitto a cuccia con la testa a penzoloni come quando ha fatto una cosa molto molto grave (tipo sventrare un sacchetto di cemento a pronta presa e poi pisciare sul cemento finito sulle piastrelle) fa la faccia di chi ha fatto una cazzata talmente grande che – tornato a casa – non ha avuto il coraggio di abbaiare per entrare, si sentiva in colpa, e se ne è stato mezz’ora al buio ad aspettare la punizione e io mi sento la molla a mille, una molle bollente di rabbia e una parte di me dice beh magari potresti perdonarlo è solo un povero cane stronzo e l’altra parte dice riempi di botte questa cane bastardo che gli entri nella zucca che non deve più rifare una cazzata del genere e io mi sento come bush dopo l’undici settembre, ma è questione di un attimo perché

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